La natura del Fondo ha favorito, sin dalla preistoria, l’insediamento umano che è continuato nel tempo con i Romani, i Bizantini, gli Arabi fino ad arrivare ai Borboni. Il territorio originariamente era una zona paludosa che permise il proliferare di una ricca vegetazione: Cordiline, Dracene, Palme, Felci giganti (Lepidudendro), Sigillarie, Cicadine e Felci arbore e certamente era popolata anche da tartarughe acquatiche, ippopotami, cigni e pellicani. La grotta Luparello che sovrasta la Villa ad una quota di circa 130 metri s.l.m. sul versante nord orientale del M.te Gebbia è un sito di grande rilevanza geologica e paleontologica. I reperti fossili ritrovati e oggi conservati presso il Museo Geologico “G.G. Gemellaro” di Palermo, dimostrano che un tempo l’area si trovava al livello del mare. Nel livello stratigrafico più basso sono stati pervenuti resti di Spondylus e Patella cerulea, nel secondo livello resti di Elephas melitensis e nel terzo livello Elephas falconeri. Associati ai resti fossili dei due elefanti sono stati trovati anche resti di Vulpes vulgaris, Myoxus melitensis, Sus scrofa, Bos taurus, Cervus elaphus, Equus caballus, Hyaena crocuta e Histrix cristata. Lo studio paleontologico completo effettuato nel 1929 da Vaufrey su tutti i resti fossili in Sicilia permise la pubblicazione scientifica “Les Eléphants nains des iles méditerranéennes et la question des isthmes Pléistocènes” che rappresentò per molti anni una pietra miliare per la paleontologia dei vertebrati siciliani (“La Collezione Vertebratologica della Grotta di Luparello, Palermo – Naturalistica sicil., S. IV, XXIII, 1999, pp. 359-379). Non si hanno notizie certe circa l’utilizzo del Fondo fino alla dominazione araba (dall’827 al 1060), in tale periodo la città di Palermo ebbe uno straordinario sviluppo nell’agricoltura che ne fece il centro di attrazione per tutto il Mediterraneo. Furono impiantate coltivazioni di cotone, gelsi per la lavorazione della seta, opifici per fogli di scrittura, per cordami per le navi e stuoie, agrumeti, giardini ed orti; fu anche curato lo sviluppo della piccola proprietà terriera con opportuni provvedimenti fiscali. Furono realizzate molte opere idrauliche, nuovi sistemi di coltivazione e opere di canalizzazione che permisero di sfruttare al meglio le risorse dell’intera isola. (“Breve Storia della Sicilia, dalle origini ai giorni nostri” Santi Correnti - “Breve Storia di Palermo” Nino Cuccioli). A Palermo nel territorio che da Baida si estende fino all’attuale Corso Calatafimi, compreso il Fondo Luparello sono ancora visibili alcuni canali sotterranei di raccolta delle acque (qanat). Con il passare del tempo l’ambiente quindi subi’ notevoli trasformazioni e si cominciarono a diffondere anche altre specie vegetali come i Pini, i Carrubi, l’Alloro, il Mirto, l’Olivo e il Melograno. Le altre notizie certe sull’utilizzo e la proprietà del Fondo sono state reperite “In rure sacra” (F. Lo Piccolo, p. 169), il testo riporta che nel Quattrocento in questo luogo sorgeva un baglio agricolo protetto da torre che alla fine del Seicento passò alla famiglia Luparello. Nella prima metà del Settecento il barone Mario Luparello e Vastalacqua lo trasformò in una deliziosa casina con fontane e giardini. Le terre del Fondo alla fine del Settecento furono concesse in gabella al principe Francesco I dal cavaliere Diego Luparelli Albino per piantarvi seminativi e foraggi. Con l’istituzione da parte di Francesco I, nel 1798, del Real Sito di Boccadifalco la Piana, il Fondo Luparello con la sua Villa, che è oggi sede degli uffici, ed il suo Baglio Settecentesco entrarono a far parte del Parco Borbonico. Nel 1884 con Regio Decreto dell’11 gennaio nella tenuta venne fondato l’Istituto Sperimentale Zootecnico per la Sicilia, che ai tempi era uno dei più avanzati modelli di zootecnia d’Italia, comprendente un vivaio per viti americane ed un allevamento sperimentale di fattrici. Negli anni ’20 la casina subì una radicale trasformazione in stile littorio e furono realizzati notevoli ampliamenti degli edifici, con la costruzione di nuovi capannoni per l’allevamento dei capi di bestiame; sono in stile littoriano l’attuale stalla bovini e la porcilaia. Ancora oggi la tenuta si presenta incastonata in un oasi di verde alle falde della montagna; l’impianto settecentesco è ancora visibile nonostante la intonacatura novecentesca. Nella corte, cui si accede da un portale ad arco, si sviluppano per tre lati i corpi bassi e sul lato destro la casina. All’angolo destro vi è una fontana murale con vasca settecentesca, una scala in ferro battuto sale sulla terrazza che sovrasta il corpo d’ingresso al baglio da cui si gode ancora un magnifico panorama (“Siti Reali Borbonici in Sicilia”, R. Giuffrida, T. Dispensa, M. Mirando, F. Lo Piccolo). L’Istituto è un Ente dal glorioso passato che fin dall’anno della sua istituzione, 1884, ha avuto un ruolo determinante sul progresso agricolo della Sicilia; è da ricordare la figura di uno dei protagonisti principali della sperimentazione agraria e cioè il prof. Francesco Tucci, fondatore dell’Istituto Sperimentale Zootecnico e suo direttore per ben 43 anni. L’Istituto ha avuto l’onore ed il piacere di intitolare a Lui la Sala Convegni realizzata nel febbraio 2003. I risultati delle sperimentazioni, che vennero condotte sia nell’azienda agricola modello di Luparello, annessa agli impianti dell’Istituto, sia nei campi esterni sono compendiati ed esposti in oltre 100 pubblicazioni. Determinante fu anche l’intervento del prof. Tucci a favore della nascente zootecnia coloniale nei paesi africani. Per volontà del Ministro delle Colonie il prof. Tucci, già Direttore dell’Istituto di Palermo, fu incaricato a dirigere il Regio Istituto Zootecnico di Sidi Mesri in Libia e fu nominato “alto consulente” per i Servizi Zootecnici della Tripolitania (documenti forniti dai discendenti del prof. Tucci). E’ interessante ricordare che nei primi del Novecento veniva allevato anche il baco da seta e ciò spiega la massiccia presenza di alberature realizzate con ogni varietà di Morus spp., con le importazioni di seta a basso costo dall’oriente tale attività venne abbandonata. Il viale che dall’ingresso, sulla Via Roccazzo, porta alla villa Luparello è ancora oggi delimitato da secolari alberi di gelsi che purtroppo portano i segni di interventi di potatura poco oculati effettuati negli anni passati da giardinieri poco “illuminati”. Nell’area antistante la Villa si ergono maestosi 3 Cedri del Libano e 3 alberi di Avocado. Oggi con i suoi 61 ettari il Fondo rappresenta sicuramente uno dei principali polmoni verdi della città, deve quindi essere tutelato e salvaguardato. Grazie alla lungimiranza dell’attuale Amministrazione il Fondo è oggi aperto al pubblico come “Parco Didattico” e viene annualmente visitato da migliaia di studenti delle scuole dell’obbligo e di Istituti Tecnici. Grazie ai molteplici rapporti di collaborazione avviati negli ultimi anni con varie istituzioni del territorio, il Parco è oggi fruibile con la disponibilità di guide appositamente formate nell’ambito dei Progetti di Servizio Civile Volontario. Con il Dipartimento di Geologia e Geodesia dell’Università di Palermo è stato avviato un rapporto di collaborazione per l’utilizzazione, per fini didattici, dei siti di interesse paleontologico e geologico.